
COMUNICATO STAMPA
tra le antiche mura
La formula vincente della Chigiana con grandi maestri e giovani talenti
Reportage del Corriere della Sera
«Era un momento difficile: dalla fondazione, nel 1932, al 1965 a sostenerla era stato interamente il conte Chigi Saracini; poi, sempre interamente, Montepaschi. Il suo crollo rischiava di far crollare anche la Chigiana, e l’idea del festival come oggi lo vediamo nacque dalla necessità di trovare una nuova dimensione e nuove fondamenta, anche finanziarie». I luoghi sono stati un fattore decisivo («pensando anche ai tanti stranieri che vengono in Toscana per un turismo culturale»), ma da solo non spiega il successo: «Siamo passati da 6.500 a 70mila spettatori, ci siamo allargati portando la musica a Pienza, San Galgano, tra le Crete senesi, nelle cantine del Chianti dove le note si uniscono alle degustazioni». Il luogo più difficile da conquistare è stato quello più iconico di Siena, Piazza del Campo: «Dopo la pandemia, ecco l’idea del concerto all’aperto, ancora col pubblico distanziato: il Concerto per l’Italia è stato da subito un evento topico, trasmesso dalla Rai ha fatto conoscere il Festival a migliaia di spettatori».
Dalla sua prospettiva privilegiata, che lo porta a incontrare grandi concertisti e aspiranti tali, un pubblico di appassionati e di semplici curiosi, istituzioni musicali con cui collaborare (dal Mozarteum di Salisburgo all’Orchestra Regionale della Toscana), Sani è convinto che la richiesta fondamentale sia «innovazione: ormai pochi escono di casa per vivere qualcosa di scontato». Negli oltre cento appuntamenti in cartellone, che coinvolgono 800 artisti e sei formazioni in residenza, l’innovazione non si declina solo nelle trenta prime esecuzioni assolute, di cui quattro commissioni della Chigiana, ma in un allargamento dell’Accademia e del palinsesto: «Abbiamo raggiunto i 33 corsi, approfondendo l’elettronica: Ellen Arkbro, giovane genio svedese, presenterà Nightclouds sull’organo di Palazzo Chigi, interpretandolo come una sorta di strumento elettronico ante litteram. Da alcuni anni c’è un titolo tematico da cui, quest’estate, si dipanano altri sette percorsi. Quest’anno è Boulez, nel centenario dalla nascita; un genio che dall’intuizione di un nucleo musicale partì per un percorso incredibile, sempre tornando a quell’inizio per riviverlo e trovarvi nuove possibili espansioni. Come nel concerto d’apertura, dove Boulez è accostato a Mahler, costante è la vicinanza tra musica d’oggi e del passato. Penso alla Giuditta di Scarlatti eseguita assieme alla Medusa di Yann Robin, le prime assolute di Hérodiade di Matteo d’Amico e Disegnare rami di Filippo Perocco, accostata ai Canti di prigionia di Dallapiccola, il cui Prigioniero sarà invece proposto con La voix humaine di Poulenc. Il Coro «Guido Chigi Saracini» della Cattedrale fa risuonare in San Galgano Ildegarda di Bingen, Ola Gjeilo e Lorenzo Donati; a Pienza Palestrina e Pärt, con la Banda dell’Esercito Italiano le Messe di Stravinskij e Marcello Panni».

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