2022
GIANFRANCO VINAY. DAI SUONI AI SILENZI
Ogni musica nasce dal silenzio, tende ad esso, e lo sottende. Gianfranco Vinay (Torino, 1945), uno dei musicologi più noti della sua generazione, ha indagato la consistenza del silenzio nella musica del Novecento. Da artista, le ha donato sostanza con una serie di opere intitolata “Musiche silenziose”, prodotte espressamente per il Chigiana International Festival 2022. Questi 12 nuovi quadri saranno esposti negli spazi del ChigianArtCafé insieme ad altre réflexions, calques, disegni e un tableau-miroir realizzati negli ultimi decenni. Attraverso la pratica del montaggio, ciascuna opera mescola diverse tecniche e modalità di produzione dell’immagine, dalla fotografia all’incisione, dal pastello ai papier collés, ed esplora la dimensione della profondità, sulla cui direttrice Vinay accompagna lo sguardo dello spettatore fino ad attingere all’abisso del silenzio da cui emergono il suono e la memoria. Ogni creazione di Vinay dialoga con le forme del discorso musicale dei diversi compositori a cui i quadri sono ispirati: da Mozart a Sciarrino, Ravel, Nono, Debussy, Berio, Stravinskij, Cage, Feldman e tanti altri.
La mostra è a cura di Stefano Jacoviello, realizzata da Vernice Progetti Culturali, in collaborazione con Opera Laboratori. Catalogo edito da Sillabe, Livorno.
2019
M’HORO’ SUITE – Sculture per … orchestra
Negli spazi del ChigianArtCafè dal 6 luglio al 31 agosto 2019 si è tenuta M’HORÓ SUITE Sculture… per orchestra, la sorprendente mostra di M’horó – artista “enig-matico” e misteriosamente ancora senza volto, curata da Antonio Falbo, Salvatore Falbo, Roberto Messina, con Diego Giudici e la Minotauro Fine Art Gallery di Palazzolo sull’Oglio (www.galleriaminotauro.com).
La grande originalità, unita ad una rara forza poetica, incontra qui il tema del Chigiana International Festival 2019: “Out of Nature” con una produzione/collezione di opere dedicate agli strumenti musicali: vere “eco-sculture”, fini e leggerissime cesellature in alluminio ricavate da scarti industriali (soprattutto radiatori d’auto e serpentine radiali).
Ad appena tre anni di distanza dalla sua entrata in scena nel panorama dell’arte, critica, gallerie, istituzioni stanno riservando grande attenzione a questo scultore singolare, inimitabile ideatore di nuove forme su una sua materia-tipo. Tra gli estimatori, Vittorio Sgarbi, che scrive: “con M’horó c’è solo da vedere cosa c’è davanti, punto e basta: un atto di grande franchezza intellettuale che rinuncia alla facile protezione dell’art pour l’artiste (…). Quando le opere sono così coerenti che tu le riconosci senza sapere di chi sono, esse sono nate dalla mente di Dio, che è quella che l’artista riproduce, e quindi loro parlano di lui e non lui di loro. E’ il caso di questo artista che ha scelto di non farsi riconoscere e usare lo pseudonimo di M’horó”. Premiato con esaltanti aggiudicazioni nelle aste nazionali e puntualmente segnalato nei motori di ricerca internazionali, M’horó stupisce con il virtuosismo di un gesto tecnico “liutario” che anziché confrontarsi con la lavorazione del legno, insiste abilmente sulla filigrana di metalli, associando il genio scultoreo all’eleganza formale degli archi.
Sempre alla ricerca di un primitivismo originario, M’horó si (e ci) imbatte in materiali di rottamazione che “manipola” ricorrendo alla piegatura, torsione, perforazione, incisione delle strutture radiali e delle la-mine di alluminio. Non usa fiamma ossidrica, ma imprime le forme attraverso un modellato spontaneo, operato con le mani e con semplici attrezzi meccanici. C’è, in questo, una dimensione ecologista di tutta evidenza: l’artista recupera, riscatta il rifiuto industriale dalla sua inevitabile ossidazione, rendendolo linfatico, vitale, e ri-consegnandolo ad una seconda e terza vita.
Saranno dunque i suoi stranianti violini, viole, violoncelli e contrabbassi metallici a sfilare tra le storiche mura della Chigiana, inseriti tra i pregiati artefatti di liuteria e i cimeli musicali in essa custoditi. E sarà come se suonassero davvero armoniose cadenze, gli strumenti del trio d’archi (violino, viola e violoncello) che M’horó ha installato all’ingresso del palazzo per accogliere i visitatori e animare di strane consonanze le stanze del ChigianArtCafé, nuovo spazio vocato all’incontro con diverse esperienze artistiche del contemporaneo, visitabile durante l’intera giornata.
Nel corso del Festival, M’horó ha fatto dono delle sue sculture\miniature ispirate al violino e appositamente realizzate per l’edizione “Out of nature”, ai grandi maestri chigiani di strumento ad arco.
2015
RICORDANZE. IL CONTE GUIDO CHIGI SARACINI E LE ARTI
Nel 2015, in occasione del 50° anniversario della morte del Conte Guido Chigi Saracini, l’Accademia lo ha ricordato con una mostra intitolata Ricordanze. Guido Chigi Saracini e le arti, allestita nei locali sottostanti il Salone dei Concerti e attualmente ancora in parte presente lungo il percorso del ChigianArtCafè.
Divisa in sette sezioni, la mostra si apriva con un Preludio che accoglieva il visitatore presentando il Conte attraverso le sue grandi passioni, i riconoscimenti che continuamente gli venivano tributati e i forti legami con la sua città per mezzo di una serie di video e preziose testimonianze. In questa sede era esposta una elegante montura da Paggio Maggiore della sua Contrada, l’Istrice, della quale fu per lunghi anni Priore.
Nelle stanze successive si poteva comprendere il suo rapporto con l’arte, iniziato da giovanissimo con l’attitudine verso la fotografia, e il rapporto con gli artisti del suo tempo come Arturo Viligiardi al quali commissionò opere monumentali come la ristrutturazione del Palazzo di Via di Città dove fu realizzato anche il Salone dei Concerti in stile settecentesco veneziano di cui si espone il bozzetto in stucco dipinto.
L’altro grande personaggio del quale fu mecenate fu Vico Consorti autore della porta bronzea laterale del Duomo di Siena e del Pantheon di musicisti per il giardino della sua Villa a Castelnuovo Berardenga di cui si espone l’interessante bozzetto dedicato a Chopin. Il Conte amava circondarsi di opere e fotografie che raffiguravano maestri di orchestra, violinisti, pianisti e musicisti di ogni tempo, a partire dal dono fattogli da Edoardo Mascheroni del busto di Giuseppe Verdi eseguito da Vincenzo Gemito che domina la stanza Micat in vertice.
Nella Galleria del Novecento sono tutt’ora esposti una trentina di dipinti, la maggior parte inediti, eseguiti nella prima metà del XX secolo, che probabilmente abbellivano le case delle sue dimore prima di essere riposti nelle soffitte dove sono stati conservati negli ultimi cinquant’anni e che oggi abbiamo riproposto al pubblico. Si conclude la mostra nella stanza del Roi de Sienne, un appellativo tributatogli da Elisabetta di Wittelsbach, regina del Belgio, con la quale il Conte ebbe un intimo rapporto di amicizia durato fino agli ultimi anni della sua vita. Qui, per mano di artisti del suo tempo come quella Amelia Ambron Almagià, intima amica di Giacomo Balla, che lo ritrasse per ben tre volte, sono esposti dipinti e sculture a lui dedicati.
Mostra ideata e realizzata da:
a cura di
Laura Bonelli
Progetto Grafico e Immagine coordinata catalogo
Laura Tassi
Allestimento
Laura Manzi
Gabriele Bartalucci – Banca MPS
Chiara Benedetti – Fondazione MPS