Giorgio Nottoli: un intreccio di percussioni ed elettronica

di Silvia D’Anzelmo

Questa sera alle 21.15 presso la Chiesa di Sant’Agostino il Chigiana International Festival 2019 presenta “The Great Weather” con Antonio CaggianoChristian Schmitt e il Chigiana Percussion Ensemble in una performance elettroacustica, con il live electronics di Alvise Vidolin / Nicola Bernardini.

Abbiamo intervistato Giorgio Nottoli, compositore, inventore di strumenti musicali, figura di grande rilievo nel campo della musica elettronica, materia che ha insegnato all’Accademia di Santa Cecilia fino al 2013. Nel 1996 ha guidato anche gli studenti chigiani nel mondo della sintesi sonora e della composizione sperimentale con un corso dedicato proprio alla musica elettronica. Questa sera sarà fra i protagonisti del concerto nella chiesa di Sant’Agostino intitolato “The Great Wheather”, ancora una volta con l’attenzione rivolta al rapporto fra musica, suono e ambiente. In programma una sua composizione eseguita in prima assoluta, in cui condurrà la regia del suono.

Il concerto di stasera è un intreccio tra percussioni ed elettronica. Come mai molti compositori contemporanei hanno sentito il fascino di questi due elementi?

L’elettronica è la tecnologia del nostro tempo. L’elettronica in musica è un’espressione artistica di questa tecnologia: qualcosa che coinvolge molti compositori, coinvolge il pubblico e gli esecutori. Per la percussione possiamo andare anche un po’ indietro: dagli inizi del 900, è diventata un punto di riferimento importante per la composizione. Intanto per l’estrema quantità e varietà di materiale che è possibile utilizzare grazie alle varie modalità di eccitazione. È un mondo non legato necessariamente alla tradizione, ma si apre alla sperimentazione. È per questo che percussione ed elettronica sono due elementi fondamentali nella ricerca musicale.

Uno dei brani di stasera è Il libro celibe di Giorgio Battistelli, un esempio perfetto di questo approccio alternativo alla musica. Un brano come questo come va interpretato dal pubblico? 

Innanzi tutto bisogna considerare la componente teatrale. Questo libro che viene suonato, anzi che suona da sé, è interessante dal punto di vista sonoro ma soprattutto per la teatralità della situazione. La percussione è associata a qualcosa che non c’entra con se stessa: entra in gioco il concetto di performance ed è divertente questa cosa perché si pone l’accento in maniera decisa sulla teatralità della musica.

Un altro brano che verrà eseguito in prima assoluta nel concerto di stasera è Trama Pulsante, dedicato ad Antonio Caggiano. Le va di parlarci presentarci questa sua composizione?

Potrei cominciare dal titolo: Trama Pulsante. Trama è un termine preso in prestito dall’arte della tessitura così come ordito. Sono parole che, negli ultimi dieci anni, tornano molto spesso nei titoli come nella concezione e realizzazione dei miei brani. Sono elementi che vengono da un’altra arte e, forse per questo, enfatizzano quello che in musica è il rapporto tra la ‘figura’ e lo ‘sfondo’, detto in altri termini tra canto e accompagnamento. Questa relazione, che può essere interpretata in molti modi, mi affascina moltissimo. A ispirare queste riflessioni è stata mia moglie, tessitrice, che mi ha fatto conoscere Annie Albers: una delle più grandi artiste tessili, legata alla Bauhaus. È lei che ha fatto della tessitura un’arte contemporanea. La trama di questo pezzo è costituito dalla percussione. Il performer genera la trama sonora usando la grancassa, uno strumento molto potente che ha un suono grave, fortissimo. Durante l’esecuzione del pezzo, sulla pelle della grancassa sono posti degli strumenti metallici di vario genere che vanno a costituire varie atmosfere sonore attraverso le quali il pezzo si dipana.  L’ordino, invece, è formato dall’elettronica. Una sorta di accompagnamento fatto di una fascia elettronica costruita al computer.

A gennaio di quest’anno è scomparso Mario Bertoncini. Un personaggio eclettico che sembra voler dare nuova vita a elementi culturali tipicamente italiani. La musica, il teatro, la poesia totalmente ripensati attraverso suoni/rumore e tempo/spazio tipici della sensibilità contemporanea. Le va di parlarci del suo rapporto con Bertoncini?

Certamente. Io ho avuto un certo numero di maestri ma Mario Bertoncini è sicuramente tra i più importanti. L’ho incontrato tantissimi anni fa e sono stato suo allievo dal 1969 al ‘74. Io ero un ragazzo ma anche Mario era molto giovane, aveva 38 anni. Il suo modo di insegnare lascia pensare a quello di un pittore del ‘500. Lavoravamo insieme: i problemi venivano fuori da questo fare e dall’analizzare ciò che si era fatto mettendolo a confronto con la storia della musica. Un musicista coltissimo, compositore ed esecutore straordinario. Suonava soprattutto Domenico Scarlatti ma anche le sue opere e quelle di altri contemporanei come Terry Riley. Ho imparato moltissimo da lui. Nei 30 anni che è stato a Berlino, Mario ha ‘filtrato’ il suo lavoro, è arrivato a un’essenzialità totale. Per lui comporre significava costruire uno strumento che suggerisce un campo di possibilità finito, legato a un brano o a un gruppo di pezzi: una cosa unica, straordinaria. Ognuna delle sue cose sembra istintiva, in realtà è frutto di profonde riflessioni. Si potrebbe dire che Mario abbia portato agli estremi limiti il concetto dell’informale in musica con i suoi strumenti a vento eccitati da un soffio d’aria naturale o artificiale. Sono strumenti adatti solo per la sua musica, concepiti in questo modo. Io trovo questo approccio molto interessante ed è per questo che ho fatto qualcosa di simile in elettronica. Lo strumento elettronico che suona il pezzo in esecuzione questa sera, per esempio, l’ho costruito io. Si tratta, ovviamente, di cose diverse ma il risultato è sempre una fascia colorata di suoni, variegata al suo interno come direbbe Mario.

Il 31 luglio l’Accademia Chigiana dedicherà a Mario Bertoncini un concerto. Il brano scelto per omaggiare la memoria di questo grande compositore, scomparso qualche mese fa, è Tune. Vuole dirci qualcosa a riguardo?

Tunenon fa parte di questa serie di brani ma di quelli in cui Mario reinventa gli strumenti. In questo caso si tratta di percussione: piatti sospesi utilizzati dai percussionisti in maniera non tradizionale. Ci sono delle parti in cui vengono percossi e altre in cui vengono suonati con l’arco, di solito quello del contrabbasso, per ottenere un effetto prolungato da uno strumento che normalmente produce suoni brevi. Si sente che si è solidificata quella sintassi, quel linguaggio che viene decisamente dalla visione informale della musica. Non troveremo in questo pezzo delle figure ritmiche facilmente riconoscibili, sono irregolari, affascinanti, trascinanti o anche improvvise: tutto quello che è il bagaglio della sintassi della musica informale.

 

Appuntamento questa sera alla Chiesa di Sant’Agostino

Ore 21.15

The Great Weather

ANTONIO CAGGIANO percussioni
CHRISTIAN SCHMITT oboe
MARTINA RUSSO percussioni
CHIGIANA PERCUSSION ENSEMBLE
ALVISE VIDOLIN / NICOLA BERNARDINI live electronics
GIORGIO NOTTOLI regia del suono

In collaborazione con il Laboratorio SaMPL del Conservatorio di Musica “C. Pollini” di Padova