Oltre il confine: l’apertura degli spazi sonori in Bruno Letort

di Marica Coppola

Francese, con una importante esperienza nel jazz, Letort è tra i compositori protagonisti della scena musicale contemporanea. Il suo sound, di un modernismo radicale che si fonde alla tradizione classica, genera dei “bellissimi bouquet sonori”. Il Quartetto Noûs ce li porgerà insieme a tre flauti lunedì 12 agosto alle 21:15, nel Salone di Palazzo Chigi-Saracini.

L’abitudine alle etichette è fortemente radicata nella storia del gusto e si riflette ancora oggi nel nostro modo di recepire la musica. Ma nell’era della multiculturalità, “classico”, “post-moderno”, “sperimentale” o “pop” possono segnare un limite dal quale bisogna attentamente guardarsi. Come può avvenire nel caso di Bruno Letort, artista che da una parte esprime l’eredità della cultura musicale francese più recente: basti pensare all’IRCAM di Parigi e lo spettralismo di Gerard Grisey. Dall’altra si apre ai suoni che viaggiano dall’est all’ovest europeo, spingendosi fino a raccogliere influenze provenienti dagli Stati Uniti. Ciò accade, ad esempio, nell’album  Fables electriques, dove i suoni della tradizione classica si fondono all’elettronica sulla scia dell’americano Milton Babbit. Da quell’album è tratta “Vertige  horizontal”, di cui a scolteremo una versione per solo quartetto d’archi  in prima esecuzione italiana.

Nell’inclusività più totale dell’arte di Letort, il limite fra le varie discipline finisce per dissolversi, come accade nell’ “Affaire Desombres”, uno spettacolo teatrale in cui le musiche di Letort animano le “Città Oscure” della celebre serie a fumetti di Schuiten e Peteers pubblicata negli anni ‘80. Queste città sono luoghi di un universo parallelo visitate dal misterioso pittore medium Augustin Desombres (1869-1906) divenuto il protagonista della bande designée.

Durante il concerto il timbro degli archi, così vicino a quello delle voci umane, si alternerà al respiro-fatto-suono dei tre flauti. Il titolo del brano “Rebath” non è che l’anagramma di “Breath”(Respiro): allo stesso modo nella partitura il compositore fraziona e ricompone l’emissione sonora dello strumento a fiato.

Anche i punti di vista sulla realtà si moltiplicano e diventano relativi: “The cello stands vertically, though…” allude provocatoriamente alla possibile differenza di visioni sull’orientamento verticale dello strumento. La moltiplicazione degli sguardi evocata dalla metafora si rende concretamente in musica attraverso i giochi metrici e ritmici del minimalismo americano a cui si ispira la scrittura del brano.

Gli intrecci sonori di Bruno Letort manifestano apertamente la nuova soggettività dell’artista contemporaneo, decentrata, non più soddisfatta da solitarie trascendenze verso un ideale di musica “alta”. L’io è una delle tante voci in campo del “qui ed ora”, presentandosi immancabilmente come punto di snodo delle più disparate tradizioni che lo attraversano: un inevitabile riflesso dell’era della globalizzazione.

Le sei fermate (“escales”) di “A.K.A.” ci conducono al capolinea del concerto, quando i timbri di archi e fiati si amalgamano come le voci umane nelle stazioni delle grandi metropoli. Saremo a destinazione, e Letort avrà ancora una volta “navigato secondo i suoi desideri nei mondi che gli si offrono”.

 

Appuntamento il 12 agosto a Palazzo Chigi Saracini.

Alle 18.30 al Santa Maria della Scala incontro con Bruno Letort, Nicola Sani, Stefano Jacoviello nell’ultimo appuntamento #ChigianaLounge

Info e biglietti: http://www.chigiana.it/2019-08-12-letort/