Passage / Paysage: uomo, suono, natura.

di Marco Surace

Per Out of Nature, ospiti d’eccezione come Patrick Gallois, Luigi Pecchia, Valentina Piovano e Lorenzo Donati con il coro “Guido Chigi Saracini” ci invitano a scoprire la dimensione sonora del nostro tempo, proponendosi di restituire spazio ai sempre più trascurati suoni della natura attraverso le musiche naturalistiche di tradizione francese, greca ed ungherese. 

Tomorrow (11th of July, 9.15 pm), at San Agostino Church in Siena, Patrick Gallois (flute), Luigi Pecchia (piano), Valentina Piovano (soprano) and “Guido Chigi Saracini” choir, conducted by Lorenzo Donati will set us on a journey through French, Greek and Hungarian music from the 20th Century to rethink our present relationship with the environment and its sound


La relazione con la Natura è da sempre al centro dei pensieri umani, fin dal racconto biblico della Genesi, in cui all’uomo viene attribuita la responsabilità di custodire il creato. Ma se nel Decameron di Boccaccio la dolce campagna fiorentina offriva un rifugio ai protagonisti in fuga dalla città assediata dalla pestilenza, il rapporto con l’ambiente oggi dibattuto su scala globale mostra aspetti ben più urgenti e controversi. Mentre a partire dalla rivoluzione industriale l’uomo sembrava acquisire una progressiva confidenza sulla sua capacità di manipolare la natura, al giorno d’oggi si registra una chiara inversione di tendenza: la potenza dei fenomeni naturali mette in evidenza i limiti del nostro desiderio di controllarli, costringendoci a porre maggiore attenzione all’ecologia.

Out of Nature vuole farsi portavoce di questa riflessione attraverso i molti concerti in cartellone, come quello in programma domani sera a Siena nella Chiesa di Sant’Agostino, che vedrà collaborare i grandi maestri chigiani con ospiti speciali. Il flautista Patrick Gallois con il suo storico collaboratore Luigi Pecchia al pianoforte, il Coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini” diretto da Lorenzo Donati incontreranno il soprano Valentina Piovano in una serata che accosterà diversi mondi espressivi: dalla Francia di Debussy, Ravel e Messiaen, alle tradizioni rilette da Bartok e Jolivet, lasciando un posto d’onore al compositore cui è dedicato il festival di quest’anno, Yannis Xenakis.

Si comincia con le Chansons di Claude Debussy (1862-1918) basate su testi di Charles d’Orléans, celebre duca e poeta della Francia del Quattrocento. Nella terza chanson il poeta si rivolge all’inverno disdegnandolo e paragonandolo all’estate, stagione piacevole e che a suo avviso procede secondo l’ordine di natura. Ecco che le quattro voci a cappella si fanno portavoce di un ritorno all’equilibrata natura della polifonia del Cinquecento, lasciando comunque tralucere sonorità sfumate ed armonie evocative che contraddistinguono il mondo espressivo di Debussy.

Il sentore d’impressionismo debussiano è sempre in sottofondo nella musica di Maurice Ravel (1875-1937), che ammirava il compatriota anche per la vittoria del prestigioso Prix de Rome, premio a lui mai conferito. La facilità con cui Ravel passa da un paesaggio sonoro all’altro si palesa nelle influenze basche e jazzistiche di cui la sua musica risente, nonché nelle sonorità orientali che sovente affiorano, come nel caso delle sue Deux mélodies hébraïques. Composte nel 1914 per voce e pianoforte e orchestrate poi nel 1919, sono una strabiliante testimonianza della versatilità di Ravel. Kaddisch è una lode a Dio che vive di momenti sempre diversi, con vocalizzi  che richiamano il canto della sinagoga. L’instabilità della prima mélodie si risolve nel L’énigme éternelle, che con fare pacato si impernia su un ostinato di due accordi.

Lungo la stessa direttrice si situa Olivier Messiaen (1908-1992),  che si è distinto nel corso della seconda metà del XX secolo per il suo spiccato interesse per l’ornitologia e sulla sua applicazione in campo musicale.  Egli è forse il compositore che maggiormente si impone nella riflessione proposta da Out of Nature con il  suo brano Le merle noir. Composto nel 1952 per gli studenti che tentavano allora l’ammissione al Conservatorio di Parigi, è il primo ad essere interamente basato sulle inflessioni del canto degli uccelli  e riflette la visione estetica ed esistenziale di Messiaen: la musica guarda alla bellezza della natura, parla all’uomo per celebrare la gloria di Dio e del suo creato.

L’ungherese Bèla Bartók (1881-1945) con la sua Suite Paysanne Hongroise interrompe la continuità tematica di ambito francese e ci porta a riscoprire la natura primigenia della cultura dell’Europa dell’est, valorizzando l’elemento popolare (paesano, come recita il titolo della Suite). Pur essendo originariamente scritte per pianoforte, avremo modo di ascoltare le folksongs attraverso il suono del flauto di Gallois e del pianoforte di Pecchia, in un arrangiamento del 1952 ad opera di Paul Arma (1905-1987), allievo di Bartók.

Ancora il flauto e il pianoforte dei due artisti ci riporteranno in Francia, con Chant de Linos di André Jolivet (1905-1974). Composto nel 1944 come morceau de concours per il Conservatorio parigino, questo brano testimonia in pieno la sua filosofia compositiva, che risente profondamente del concetto di mito come mezzo di comprensione ed elaborazione dei fenomeni naturali. Il ritorno ad una musica arcaica passa per la figura di Lino, figlio di Apollo che insegnò ad Orfeo a suonare, il cui canto è simboleggiato dal funereo e scandito incedere del flauto.

Il 1952 è ricorrente in Passage/ Paysage, essendo l’anno anche dell’ultimo brano in programma: Zyia per flauto, coro maschile, soprano e pianoforte di Iannis Xenakis (1922-2001), intorno al quale rivoluziona il festival  chigiano in corso. Di origine greca naturalizzato francese, Xenakis testimonia il suo eclettismo tramite la combinazione di elementi matematici e architettonici appresi da Le Corbusier ed elementi musicali che risentono dell’insegnamento del suo maestro Messiaen. Questo “architetto di suoni” adopera in Zyia una molteplicità di linguaggi espressivi e di espedienti ritmici intorno ad un sempre presente tratto folklorico greco.

Uomo, suono e natura sono dunque tre poli in continua interazione. A prescindere dal fatto che si voglia e possa interpretare quest’ultima da un punto di vista esistenziale, sensoriale o ambientale, trovo che sia importante ora più che mai rendere la natura oggetto di rinnovate attenzioni, risvegliare il nostro senso di comunità, recuperare la consapevolezza di essere soggetti di straordinarie intenzioni. Indubbiamente il polo del suono può tramutarsi in mezzo sensibilizzante e lo farà domani sera con il concerto Passage / Paysage nell’ambito del Chigiana International Festival & Summer Academy 2019 (giovedì 11 luglio, Chiesa di Sant’Agostino, ore 21.15) per invitarci a ricercare quella simbiosi originaria con la natura che abbiamo da tempo perduto.