BASSE CONVERSAZIONII

giovedì 14 marzo 2019
Palazzo Chigi Saracini, ore 21

BASSE CONVERSAZIONI
Giorgio Vendola | contrabbasso ed elettronica

«No, in realtà non si è nati per il contrabbasso. Ci si arriva per vie traverse, per caso, per delusioni. Le posso assicurare che da noi nell’Orchestra di Stato, su otto contrabbassisti non ce n’è uno che non sia stato maltrattato dalla vita». Patrick Süskind fa pronunciare queste parole al protagonista di “Der Kontrabaß”, il monologo teatrale del 1980, con cui mette in scena la storia di un uomo frustrato che ha sacrificato tutto alla musica ma intrattiene uno strano rapporto con lo strumento del suo lavoro. Per lui il contrabbasso è una sorta di “male fatale”, e allo stesso tempo un necessario e fidato compagno di vita. È il colpevole della sua solitudine, ma è anche lo schermo che lo protegge dall’incapacità di dichiararsi alla cantante di cui è innamorato, arrivando in fondo a sostituirla.

Nel chiuso di un salotto abitato da un nevrotico solitario, Süskind gioca con l’analogia fra un uomo che non riesce mai ad arrivare sul proscenio della vita e uno strumento che pare relegato all’ultima fila dell’orchestra, a cui spesso sembrano affidate le parti più noiose della musica, mentre le cose succedono veramente solo nelle prime file, fra i violini e i legni che circondano il direttore.

In realtà il contrabbasso più volte nei secoli è riuscito ad emanciparsi dalla funzione di puro accompagnamento per giocare un ruolo di primo piano nelle orchestre e nei piccoli ensemble, attraversando i molti generi in cui è impiegato. Benché sia uno strumento ibrido che conserva nel DNA elementi provenienti tanto dalla viola da gamba quanto dal violino, la tecnica per suonarlo è sempre stata esattamente la stessa necessaria a chi suona gli strumenti ad arco nei registri più alti. Alle abilità canoniche vanno poi aggiunte una speciale destrezza nel pizzicato e la capacità di cavare dallo strumento una miriade di suoni inaspettati, che ne moltiplicano la voce e lo rendono uno dei migliori candidati per eseguire tutte le musiche di frontiera.

Con le sue note profonde, l’attacco simile a quello delle percussioni, il contrabbasso tiene il ritmo nelle danze popolari dell’Europa centrale e in tutte le loro discendenti americane; è il primo motore delle tensioni armoniche nelle sinfonie ottocentesche; è la base del colore sonoro che all’Opera fa da sfondo emotivo alle voci dei cantanti; è il suono che incolla il cuore dello spettatore alle sequenze cinematografiche più poetiche o terrorizzanti. E ancora, è il timbro che evoca l’atmosfera dei jazz club, il ballo sfrenato guidato dal clarinetto klezmer. È il luogo di meditazione per tanta musica contemporanea, e anche un ottimo accompagnatore nella scrittura di scena del teatro di ricerca.

Nel jazz, genere in cui ha forse raggiunto la maggiore visibilità e il più ampio riconoscimento del pubblico, dopo gli exploit di Jimmy Blanton e Oscar Pettiford a cavallo degli anni ’40, fu Scott La Faro all’alba dei ‘60 a trasformarlo definitivamente in uno strumento pari agli altri. Il contrabbasso di La Faro dialogava fittamente con il piano di Bill Evans e la batteria di Paul Motian nei dischi che hanno rivoluzionato l’arte del trio. Lo seguiranno, con sviluppi tecnici e proposte artistiche diverse Charlie Haden, Dave Holland, William Parker, Miroslav Vitous, Renaud Garcia-Fons, e tanti altri che hanno progressivamente ampliato il bagaglio espressivo di uno strumento che nel jazz non ha più nulla da invidiare al pianoforte, o a qualsiasi altro strumento solista. Un cenno a parte spetta a Charles Mingus, che ha portato “dietro” il contrabbasso il suo pensiero da grande compositore.

Nella storia della musica europea, accanto alla scuola tedesca, è emersa una dinastia di virtuosi italiani che è partita nel Settecento con Domenico Dragonetti – fondamentale partner di Beethoven, Mendelssohn, Rossini e Paganini –, è passata nell’Ottocento sotto l’archetto e la penna di Giovanni Bottesini, ed è giunta fino a noi con l’esempio indimenticato di Stefano Scodanibbio.

Ma il contrabbasso non si è sottratto nemmeno alle sfide del passaggio dal folk all’ethno-world, dimostrandosi l’unico strumento ad arco veramente capace di emanciparsi da stereotipi e sonorità tradizionali per innestarsi su altre radici e abbracciare nuove culture.

Tutte queste componenti si intrecciano nell’esperienza e nella creatività musicale di Giorgio Vendola. Il suo approccio solidamente personale allo strumento si è nutrito di una notevole curiosità che lo ha portato a incrociare i diversi linguaggi del jazz, dal free all’ultima onda newyorkese, con lo studio delle musiche mediterranee e sudamericane, le suggestioni della ricerca contemporanea, le fanfare dei Balcani, l’intimismo della canzone d’autore, l’elegante ricercatezza del pop e della lounge music, il morso aggressivo del rock. Tutto ciò lo ha riversato sulla scena teatrale, facendo letteralmente parlare il contrabbasso come un attore, o regalando alla danza un tempo da abitare con il movimento. Spesso le quattro corde del suo strumento hanno incontrato le immagini del cinema, del video e delle performance multimediali.

Sideman ricercato e solista riservato, Vendola può condurci in un percorso intorno e all’interno del contrabbasso, mostrando che la sua musica ha il ritmo e la dinamica di una continua conversazione, con il terreno delle tradizioni, con gli stimoli offerti dall’improvvisazione, con gli ascoltatori.

Conversazioni a basse frequenze.

(SJ)

Ascolto libero

Con Roberto Ottaviano, Ida Lupino (Carla Bley), da Live in Israel, Soul Note 2003
Con Pino Minafra, La danza del grillo (P. Minafra), da Terronia, Enja 2005
Con Talea, Fratello Balcanico (A. Shkurtaj), da Jarinà Jarinanè, Stradivarius 2007
Con Ghetonia, L’aria de lu trainu (Tradizionale), da Riza, IWM 2012
Con Andrea Centazzo, The Battle #4 (A. Centazzo), da The Battle, Ictus, 2012
Con Serena Fortebraccio, Gloomy Sunday (L. Javor; R. Seress), da Hunger and Love (Billie Holiday), Dodicilune 2015
Con Vince Abbracciante, Sincretico (V. Abbracciante), Dodicilune 2017
Con Mirko Signorile, Confusion Smell Beauty (M. Signorile) da Open your sky, Roma Parco della Musica 2017
Con Domenico Cartago, Psyche (D. Cartago), da Chromos, Auand- Jazz Engine 2017