Out of Nature by night

di Marco Surace

LORENZO DONATI E IL CORO DELLA CATTEDRALE DI SIENA “GUIDO CHIGI SARACINI” SARANNO I PROTAGONISTI DI UN CONCERTO CHE SI PROPONE DI MOSTRARE LE DIFFERENTI INTERPRETAZIONI DATE AL TEMA DELLA NOTTE NELL’ARTE MUSICALE. MUSICHE DI DIFFERENTI SECOLI E PROVENIENZE CI TRASPORTERANNO IN UNA DIMENSIONE IN CUI IL TEMPO FISICO SARA’ SCANDITO DA QUELLO MUSICALE.

Tomorrow (14th of July, 9.15 pm), at San Agostino Church,  the choir of the Siena Cathedral “Guido Chigi Saracini”,  conducted by Lorenzo Donati will set us on a journey to show us the different musical interpretations of the night/nocturne through the Centuries.

[..] Cieli alti della gioventù,

Libero slancio.
E già sono deserto.
Preso in questa curva malinconia.
Ma la notte sperde le lontananze.

(Giuseppe Ungaretti, “O Notte”)

 

A partire dai versi di Ungaretti si genera una duplice riflessione sulla natura, o forse una riflessione unitaria su due sue accezioni: quella fenomenica e quella umana. Due mondi che si toccano continuamente e che trovano un fertile terreno di incontro/scontro soprattutto in una particolare condizione: quella notturna. Il coro della Cattedrale di Siena “Guido Chigi Saracini”, diretto dal M° Lorenzo Donati, ci condurrà in una dimensione in cui il tempo fisico lascia che sia quello musicale a determinarne l’andamento, partendo da musiche “crepuscolari” per addentrarci via via nella profondità della notte.

Il pubblico che domani sera (ore 21.15) giungerà alla Chiesa di Sant’Agostino per il concerto lo farà conservando nella memoria l’immagine di un cielo non ancora completamente scuro, perfettamente in sintonia con i primi due brani in programma: Cade la sera (1942/43) di Ildebrando Pizzetti (1880-1968) e Abendlied di Johannes Brahms (1833-1897). Il primo, il cui testo è tratto dalla celebre raccolta poetica di Gabriele D’Annunzio “Alcyone”, sfrutta piacevoli sonorità dal sapore modale per rappresentare la pace infusa dal roseo cielo d’estate e dalla luna (anch’essa soggetto centrale in Out of Nature, che celebra con la musica il 50° anniversario del primo allunaggio). Il secondo si basa su un testo di Friedrich Hebbel (1813-1863) e suggerisce l’immagine del crepuscolo come una lotta tra giorno e notte, che in musica è evidenziata dal contrasto tra il carattere ritmico/spensierato e quello più melodico/doloroso; una lotta che assume senza dubbio una valenza esistenziale quando si risolve nel sonno dissolvendo ogni gioia e ogni angoscia.

Eclissandosi il sole e svanendo la luce, prende piede il sentimento tipicamente associato alla buia notte: essa si configura come momento di angoscia e di sofferenza interiore, come quella precarietà che Ungaretti vive nei suoi versi. Questo stato d’animo è relativamente invasivo in uno dei 14 Deutsche Volkslieder di Johannes Brahms, In stiller Nacht (1864), in cui un lamento risuona da lontano nella notte silenziosa, facendo cessare il canto degli uccelli e spingendo le stelle a desiderare di spegnersi. La sensazione di sofferenza è accentuata più nel testo che non nella musica, che è sì triste, ma dalla chiara compostezza armonica e ritmica. Sempre in Brahms, più enfatizzato è il tormento d’amore che assale in piena notte il protagonista di Nachtwache I, il primo dei suoi Fünf Gesänge (1888). Questa inquietudine che attanaglia l’uomo viene espressa da una crescente escursione dinamica che sembra quasi simulare un respiro affannoso. Il tormento d’amore è l’elemento centrale anche in Noche, composizione dello stesso direttore Lorenzo Donati su testo di Juan Ramón Jiménez. Le dirompenti sedici voci lanciano un grido verso il mare, nell’oscurità della notte. Posizione di rilievo nel programma di domani sera, però, è occupata senza dubbio da Nuits (1967) di Iannis Xenakis (1922-2001), a cui è riservato un focus in questa stagione. Dedicato agli uomini e alle donne che negli anni della dittatura in Grecia furono segregati come prigionieri politici, il brano esprime la tribolazione tramite suoni vessanti e lamenti stridenti. Non c’è un vero e proprio testo ma vengono intonati fonemi asemantici, metafora della incapacità di usare il senno. Un senno che hanno perso i prigionieri e coloro che con violenza li hanno imprigionati, una notte della ragione che produce mostri (come nei caprichos di Francisco Goya).

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La notte si presta anche a collocarsi entro un altro immaginario: quello della quiete. Se da un lato abbiamo fatto esperienza di un Brahms sofferente, nei due lieder O schöne Nacht! (1884) e Waldesnacht (1874) ci immergeremo in una notte profonda in cui aleggia un’aura pacifica. Nel primo la musica si fa portavoce di una contemplazione quasi francescana della luna e delle stelle, di un calmo cinguettare degli uccelli e del furtivo muoversi di un ragazzo che raggiunge la sua amante. Un’aura mite, una notte quieta ma non statica, un po’ come nella Roma raccontata da Lucio Dalla ne “La sera dei miracoli”. In Waldesnacht invece le note lunghe e tenui, a volte sussurrate, richiamano la serenità provata dal poeta durante una notte in mezzo al bosco, dove al canto degli uccelli si aggiungono il suono dei rami che oscillano al vento e voci dalla profondità della foresta. La pace notturna è capace poi di indurre alla riflessione e di risvegliare l’immaginazione, come accade in Water Night di Eric Whitacre (1995). L’armonia che via via riempie lo spazio acustico è la rappresentazione del libero fluire dei pensieri che come acqua inondano la nostra mente quando la notte cala.

Ma la notte sperde le lontananze, genera nostalgia accorciando le distanze tra il tempo presente e quello che fu. La giovinezza compianta da Ungaretti viene rivissuta anche da Sara Teasdale in Only in Sleep (2010) del compositore lituano Ēriks Ešenvalds (1977), in cui la dimensione sognante viene espressa da floridi arabeschi sostenuti da oscillanti armonie.

Giungere alla fine del concerto equivale al termine della notte e all’arrivo del giorno musicale, o quantomeno all’illusione del suo ritorno. L’oscurità e la freddezza notturna si avviano a lasciare il posto al giorno nel madrigale Fuggia la notte di Giovanni de Macque (1548-1614) e nella chanson La nuict froide et sombre di Orlando di Lasso (1530-1594) , con tinte sonore più luminose. La chiusura del concerto è in realtà affidata all’ultimo dei tre Nocturnes (Sure on this shining night) del compositore danese/americano Morten Johannes Lauridsen (1943). Il testo del poeta americano James Agee, sul quale il brano si basa, mostra la riflessione esistenziale di un uomo vissuto nel periodo della Grande Depressione: una riflessione in cui il coro, con le sue intense armonie, è la rappresentazione delle voci che si uniscono a quella del poeta, che cantano di una notte luminosa e di speranza.

È un percorso temporale che chiude il suo cerchio con il ritorno alla notte musicale e astronomico quello in cui verrà trasportato il pubblico del concerto “Ma la notte sperde le lontananze”: non perdete l’occasione di immergervi nelle profondità della notte e di vivere l’irripetibile esperienza di questo “Out of Nature by night”.